Acqua pubblica e nucleare: Roma 26 marzo - Arci Padova

Acqua pubblica e nucleare: Roma 26 marzo

vota-si-per-fermare-il-nucleare2-SI-PER-L-ACQUA-BENE-COMUNESabato 26 marzo 2011 a Roma si aprirà la campagna referendaria per l’acqua pubblica e contro il nucleare. Migliaia di cittadini e decine di associazioni si sono date appuntamento alle 14 piazza della Repubblica (Roma) per una grande manifestazione nazionale, con questo messaggio: acqua per tutti, nucleare per nessuno.

Tra il 15 aprile e il 15 giugno 2011 (con molta probabilità il 12 giugno) gli italiani saranno chiamati al voto su tre quesiti referendari: due sull’acqua e uno sul nucleare. Se il quorum verrà raggiunto (cioè se voterà il 50% +1 degli aventi diritto) e se vinceranno i sì, avremo vinto tutti.

Per questo chiamiamo tutte le donne e gli uomini a partecipare ad una manifestazione aperta, allegra e plurale. Per lanciare la vittoria dei Sì ai referendum per l’acqua bene comune e contro il nucleare. E per dire che un’altra Italia è possibile.

Il punto di ritrovo dell’Arci alla partenza del corteo è fissato alle ore 13.30  a piazza dei Cinquecento, Largo di Villa Peretti (a due passi dalla stazione Termini, all’incrocio fra viale Enrico De Nicola e viale Luigi Einaudi).

ACQUA BENE COMUNE

Il governo da un anno ha varato una norma che obbliga le aziende pubbliche a dismettere buona parte del loro capitale a favore dei privati entro il 2011. La vittoria dei “sì” porterà ad invertire la rotta sulla gestione dei servizi idrici e più in generale su tutti i beni comuni.

I due quesiti referendari sull’acqua.

Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione”:

“Volete voi che sia abrogato l’art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall’art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e dall’art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea” convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale?”

Finalità: fermare la privatizzazione dell’acqua

Si propone l’abrogazione dell’art. 23 bis (dodici commi) della Legge n. 133/2008 , relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica.

È l’ultima normativa approvata dal Governo Berlusconi. Stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%.

Con questa norma, si vogliono mettere definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 ATO (su 92) che o non hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%. La norma inoltre disciplina le società miste collocate in Borsa, le quali, per poter mantenere l’affidamento del servizio, dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015.

Abrogare questa norma significa contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta dal Governo e la definitiva consegna al mercato dei servizi idrici in questo Paese.

SECONDO QUESITO

Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma“: ammissibile.

“Volete voi che sia abrogato – Art. 154, comma 1 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?”

Finalità: fuori i profitti dall’acqua

Si propone l’abrogazione dell’’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.

Poche parole, ma di grande rilevanza simbolica e di immediata concretezza. Perché  la parte di normativa che si chiede di abrogare è quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio.

Abrogando questa parte dell’articolo sulla norma tariffaria, si elimina il “cavallo di Troia” che ha aperto la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici: si impedisce di fare profitti sull’acqua.

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NUCLEARE

Il nucleare è utilizzato per produrre energia dagli anni ‘50.  Il suo sviluppo ha conosciuto uno stop nel 1986 con la catastrofe di Cernobyl, che spinse diversi Stati a rivedere i loro programmi di sviluppo, tra cui l’Italia che per via referendaria, decise di ‘uscire’ dal nucleare. Il Governo Berlusconi, a luglio 2009, ha però reintrodotto la possibilità di produrre energia dall’atomo.

Gli impianti attualmente in funzione, 439, forniscono il 16% dell’energia mondiale. Rischio incidenti a parte, il principale problema resta quello delle scorie. Nessun Paese ha infatti trovato una soluzione definitiva per il loro stoccaggio. Altre criticità del nucleare, oltre il fatto che si tratta di una fonte destinata ad esaurirsi, sono legate ai costi. Quelli enormi per realizzare gli impianti, per garantirne la sicurezza dagli attentati, per smantellarli a fine vita. Costi insostenibili per un privato. Lo Stato deve così intervenire a copertura delle spese aumentando tasse e imposte, compensando il presunto basso costo in bolletta con l’aggravio fiscale.

La tragedia terribile che ha colpito il Giappone tiene il mondo e tutti noi col fiato sospeso. Condividiamo un grandissimo sentimento di pena e di solidarietà per quel paese e quel popolo, l’angoscia per le vittime e per i sopravvissuti, una terribile ansia per l’emergenza nucleare. Ma nonostante i fatti gravissimi di questi giorni si parla poco del refertendum su cui il popolo italiano sarà chiamato a pronunciarsi il 12 giugno. Le oltre 60 associazioni del Comitato ‘Vota Sì per fermare il nucleare’ denunciano “l’azione oscurantista del governo, dei fan dell’atomo e di molti mezzi d’informazione che, proprio mentre si pone al mondo la questione sulla sicurezza del nucleare, tengono sotto silenzio l’appuntamento referendario”.

QUESITO SUL NUCLEARE

“Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?”

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