Jaffa. La meccanica dell'arancia - Arci Padova

Jaffa. La meccanica dell’arancia

JAFFA_9Continuano gli appuntamenti con il cineforum “Una finestra sulla Palestina“: mercoledì 31 ottobre “Jaffa. La meccanica dell’arancia”, splendido documentario del 2009 del regista israeliano Eyal Sivan. Mercoledì 7 novembre, quarto  incontro con “Heart of Jenin”. Vi aspettiamo nella sala Fronte del Porto di via S. Maria Assunta (Padova). Ingresso a offerta libera.

Il cineforum “Una finestra sulla palestina” è un momento per assaporare voci, sapori, geografie e storie da un paese dimenticato; per aprire una finestra sulla cultura e la storia palestinese e per ridare voce e visibilità ad un popolo  che continua a resistere.

Mercoledì 31.10.2012, ore 20.45 sala Fronte del Porto, via Santa Maria Assunta – Padova
“JAFFA. LA MECCANICA DELL’ARANCIA”
documentario di EYAL SIVAN, 2009, 88’

Eyal Sivan, regista israeliano noto per i suoi film non aderenti alle politiche del governo, è stato premiato per il documentario «Jaffa-La meccanica dell’arancia» al Festival internazionale del cinema non-fiction Filmmaker. Jaffa è una città occupata nel maggio 1948 e in gran parte demolita subito dopo. La maggior parte della popolazione, 50.000 persone, fu spinta in mare. Ora «Jaffa» è anche un brand, marchio israeliano di pompelmi e arance palestinesi. Il documentario descrive lo sfruttamento delle risorse, la «meccanica dell’arancia», e l’occupazione della Palestina attraverso filmati d’epoca e interviste a persone comuni o a personaggi della cultura, intellettuali e storici, sia israeliani che palestinesi. Un percorso di narrazione e riflessione che guida lo spettatore fino alla campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani e del marchio «Jaffa», rimarcando le responsabilità internazionali dell’oppressione dei palestinesi.

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Mercoledì 7.11.2012, ore 20.45 sala Fronte del Porto, via Santa Maria Assunta – Padova
“HEART OF JENIN”
documentario di Lior Geller e Marcus Vetter, 2008, 51’

Ahmed Khatib, palestinese di 12 anni viene ucciso dai soldati israeliani a caccia di terroristi della Jihad, che lo scambiano per un miliziano. I genitori decisero di donare gli organi anche se sarebbero stati trapiantati a bambini israeliani. «Mio figlio è morto. Forse solo così potrà restituire ad altri la vita – disse allora la mamma Abla, poco più che trentenne -. Che siano arabi o ebrei, non importa». Due anni dopo il padre di Ahmed, Ismail, meccanico del campo profughi di Jenin, 41 anni, quegli «altri» – 5 bambini israeliani che hanno ricevuto il cuore, il fegato, i reni e i polmoni di Ahmed – li ha voluti incontrare. E si è messo in viaggio da Gerusalemme al deserto del Negev. Per guardarli tutti da vicino e cercare forsennatamente in ognuno dei loro gesti, sguardi, sorrisi, un’eco del suo bambino. Per quanto conti in questi casi l’umana illusione, «in loro ho rivisto mio figlio», ha detto con più consapevolezza alla fine del suo itinerario attraverso Israele e attraverso sè stesso.

Le serate sono organizzate da: Comunità Palestinese del Veneto, ACS, Agronomi e Forestali Senza Frontiere, Al Quds, ARCI Padova, Associazione per la Pace, Associazione IncontrArci, Corti e Buoni, Donne in Nero e Perilmondo onlus

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