Non si cresce all’infinito
di Marina Bastianello
Da Il Mattino di Padova di martedì 11 maggio 2010
Monsieur Attali, invitato nei giorni scorsi dalla Fondazione Cariparo all’interno del suggestivo programma di dibattiti Segnavie, «Orientarsi nel mondo che cambia», ha consegnato pensieri e parole a un pubblico attento, sui temi più incalzanti di un futuro prossimo.
Con dovizia e pertinenza di argomentazioni, ha messo in scena quella “mistica della crescita” che condiziona il suo ottimistico pensiero, nonché approccio alle categorie dello sviluppo. Vorrei provare a spiegare perché giudico “vecchio”, cioè non più rispondente alle necessita all’ordine del giorno, questo pur interessante filone di pensiero che traduce scelte politiche bipartisan se, come è stato, monsieur Attali ha saputo riconvertire un impegno a fianco di Mitterand in un successivo incarico altresì prestigioso con Sarkozy.
Nella breve domanda, l’unica che è stato possibile fare, rimasta sostanzialmente senza risposta, ho cercato di sviluppare la contraddizione che rimane sul piatto insieme alle nostre paure. Può un sistema finito, la Terra, sostenere uno sviluppo infinito? Basta l’ottimismo, assai pregevole, applicato nel riconvertire il senso delle parole a salvarci?
La risposta, credo, stia sotto gli occhi di tutti. I disastri ambientali, l’ultimo in ordine di tempo, che condannerà a morte l’ecosistema del delta del Mississippi in Louisiana (con effetti devastanti non quantificabili), quelle migrazioni di milioni di persone dovute ai cambi climatici e all’espandersi della desertificazione che rendono l’acqua l’oro blu del futuro ridefinendo le mappe dei nuovi conflitti, quell’emergenza rifiuti e scorie tossiche che a forza di trasportarle da una parte all’altra del pianeta sta trasformando la Terra in un’enorme discarica, sono tutti aspetti che dovrebbero interrogarci in maniera nuova ed inedita sugli effetti di questo sviluppo.
Altro che liberare la crescita! Un simpaticone l’altro giorno, in un colloquio confidenziale, sosteneva che dovrebbe essere impedito ad ogni persona che abbia più di 60 anni di pianificare un futuro che probabilmente lascerà in eredità…
Monsieur Attali, la sua teoria è sicuramente affascinante, ma risulta poco attuale e per molti versi obsoleta e preoccupante, in quanto ispiratrice di scelte politiche non più supportate da un contesto di risorse e spazi che sembravano infiniti. Il nostro sviluppo malato già
dimentica, e non può essere certo un esempio, i 1.200 morti al giorno in Congo per alimentare il nostro sistema tecnologico (il famoso litio per computer e cellulari)! Da qui forse bisognerebbe partire, per mettere le basi di un nuovo pensiero.
Papa Ratzinger, che non è molto di moda negli ultimi tempi, dice cose importanti in “Caritas in Veritate” dove invita tutti, ma in particolare il potere economico e politico a trovare una nuova forma di globalizzazione che sappia mettere al centro lo sviluppo umano integrale. “Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è la persona nella sua integrità perché il rispetto per la vita è in primis rispetto per lo sviluppo dei popoli”.
Il pensiero debole di Latouche con la sua decrescita felice non è certo un antidoto alla “tirannia dello spreco” che accompagna questo nostro sviluppo malato, ma individuare tutte quelle esperienze e azioni che possano aprire un percorso di sviluppo dolce dove la persona ritorni al centro è un dovere, come una celebre pubblicità di auto suggerisce, per non lasciare il conto da pagare a quelli che vengono dopo e, forse aggiungo, per allontanare la fine del mondo.